Andrew Chole Mhella parla del suo Paese e dei progetti che vuole realizzare.
Andrew Chole Mhella è un giovane nato a Bukoba, in Tanzania, che sta studiando a Roma. Laureato in Studi Internazionali (Link Campus, Università di Malta-Roma) e in Scienze Sociali presso l’Angelicum, sta qui ultimando il Master in Management delle Organizzazioni del Terzo Settore. A lui chiediamo di parlarci del suo Paese e dei progetti che ha per il futuro.
D: Italia – Tanzania. Quali differenze ti hanno più colpito?
Italia e Tanzania sono due Paesi meravigliosi, ma molto diversi. Fra le tante differenze posso indicare il modo di vivere e il grado di socievolezza. In Tanzania è più facile entrare in rapporto gli uni con gli altri. In Italia le persone sono più chiuse.
Nel mio Paese il problema di un singolo individuo diventa un problema della società.
Un lutto, per esempio, non coinvolge solo pochi familiari o amici, ma l’intera comunità. Tutti sono invitati a partecipare al funerale, che normalmente dura un paio di giorni. Ci si raduna a casa del defunto per stare vicino alle persone che hanno perso il loro caro.
Altre differenze fra i due Paesi si riscontrano in ambito politico, culturale, sociale ed economico. La Tanzania è politicamente in via di maturazione (ndr. La Repubblica Unita di Tanzania nasce nel 1964) ed è molto povera, con un sistema economico dipendente in gran parte dall’agricoltura.
D: Italia – Tanzania. Quali sono i punti in comune?
Direi la pace. La Tanzania è uno dei pochissimi Paesi africani senza guerre. Lo stesso si può dire dell’Italia. La gente vive nella pace, non ha preoccupazioni motivate da una qualunque guerra. Un altro punto in comune è la solidarietà nei confronti dei bisognosi. In Tanzania c’è molta povertà, ma le persone sono comunque pronte ad offrire il loro aiuto.
D: I tre aggettivi che meglio definiscono il tuo Paese.
Pacifico. Povero. Amichevole.
D: In Italia gli abitanti sotto i 15 anni sono il 14%; in Tanzania il 43%. Che prospettive hanno i giovani del tuo Paese?
In Tanzania i giovani devono fare i conti con la povertà. Tutti sognano di vivere meglio,
di migliorare la loro condizione, di poter frequentare la scuola fino al livello universitario. Sognano anche di trovare un lavoro ben remunerato, in modo da poter mantenere la famiglia d’origine e quella che creeranno. In Tanzania le famiglie vivono insieme.
D: In Italia gli abitanti sopra i 60 anni sono il 25,3%; in Tanzania il 2,9%. Che prospettive hanno gli ultra sessantenni del tuo Paese?
In Tanzania le persone di oltre 60 anni hanno solo la possibilità di stare con i loro familiari. Alcuni, specialmente quelli che vivono nei villaggi, continuano a svolgere attività tipo quelle agricole. Le persone che hanno potuto studiare provano ad aprire uno studio e a fare consulenze, sia perché hanno maturato esperienza in un determinato settore sia perché un’attività in proprio è meno stressante.
D: Quali sono gli errori più comuni fatti dai mezzi d’informazione italiani e internazionali quando parlano del tuo Paese?
Gli errori più comuni fatti dai mezzi d’informazione italiani e internazionali sono il tipo di immagini e di informazioni diffuse sulla Tanzania e sull’Africa. Le immagini trasmesse raffigurano sempre la miseria del mio Paese e del continente africano. Secondo me un mezzo come la televisione dovrebbe offrire anche altri punti
di vista. La Tanzania è un Paese dalla natura splendida. Dio ci ha fatto questo grande dono, che però non appare mai in televisione.
D: In Tanzania il 60% del PIL proviene dall’agricoltura. Sono arrivate anche nel tuo Paese le sementi OGM? Se sì, che cosa ne pensi?
L’arrivo delle sementi OGM in Tanzania è stato bloccato dal governo, che ritiene queste sementi inutili e dannose per l’ambiente. La decisione è stata presa nel 2003. Sono accettate soltanto sementi OGM di mais, ma solo in condizioni tenute sotto controllo.
Per quanto mi riguarda, sostengo la decisione del governo, perché la Tanzania non ha bisogno di questo tipo di importazione.
D: Presente in Italia. Futuro in Tanzania?
Sì, adesso sto per completare i miei studi qui, ma poi tornerò sicuramente in Tanzania, per aiutare i miei connazionali grazie a quello che ho imparato in Italia.
D: Che progetti hai per il tuo Paese?
Non ho ancora progetti scritti, ma ho qualche idea da realizzare. Una volta in Tanzania vorrei aiutare i bambini che intenzionalmente scappano dai villaggi per raggiungere le città più sviluppate come Dar-es-Salaam, sperando di migliorare la loro vita. In realtà trovano condizioni peggiori ad accoglierli. Un po’ come accade a molte persone che lasciano il loro Paese e arrivano in Italia con la speranza di trovare una vita migliore.
D: Pensi di collaborare con ONG internazionali una volta nel tuo Paese? Se sì, perché? Se no, perché?
Sì, sto pensando di collaborare con una ONG internazionale alla quale chiederò delle idee e aiuto finanziario, visto che da solo mi sarà difficile sostenere tutti i costi. Non ho ancora deciso quale ONG sarà, con il tempo mi farò un’idea più precisa della realtà a cui chiedere una collaborazione.
D: Per la realizzazione del tuo progetto pensi di impiegare personale locale o anche internazionale?
Nel mio futuro progetto, che riguarderà i bambini e i giovani di strada, penso di impiegare di personale locale, sia perché conosce bene la realtà in cui operare, sia perché è meno costoso, trovandosi già sul campo. Non mi dispiacerebbe, comunque, potermi avvalere anche di qualche persona proveniente da un contesto internazionale.
D: Nel tuo Paese sono in corso progetti di ONG? Se sì, quante internazionali e quante locali?
In Tanzania, così come in altri Paesi in via di sviluppo, i progetti delle ONG non mancano. Ci sono tantissime ONG locali ed internazionali attive in ogni settore: dai progetti su malattie importanti e diffuse come l’AIDS e la malaria a iniziative per i bambini di strada od orfani, fino ai progetti riguardanti lo sviluppo del Paese.
D: Le ONG internazionali e le organizzazioni locali attive nel tuo Paese stanno collaborando?
Sì, stanno collaborando in modo efficiente, nonostante qualche piccolo problema di ordine burocratico. Ma tutto il mondo è Paese!
D: Hai mai visto campagne di raccolta fondi (spot, stampa, web, mailing) a favore del tuo Paese? Se sì, che cosa ne pensi?
Sì, ho avuto la possibilità di vedere qualche campagna di raccolta fondi a favore della Tanzania. Quelle che ho visto fino ad ora sono valide, non posso lamentarmi di un’eventuale disinformazione. So però che campagne riguardanti altri Paesi africani non sono piaciute.
D: Quest’anno la Convenzione ONU sui Diritti dei Bambini compie 20 anni. Che cosa t’impegni a fare per i minori del tuo Paese?
Visto che quest’anno sarò lontano da casa, non posso fare quasi niente per loro ma solamente affermare che quando tornerò m’impegnerò a divulgare l’importanza dei diritti dei minori. I bambini, in Tanzania come in tantissimi Paesi del mondo, sono vittime di sfruttamento e di violazioni di ogni tipo da parte degli adulti. Proverò quindi a educare l’intera società riguardo i principi fondamentali sui diritti dei minori.