Lavoro con le parole da quasi 30 anni e da 8 insegno in università e scuole di comunicazione.
La celebre battuta di Nanni Moretti in Palombelli Rossa: “Le parole sono importanti!” e la riflessione
sull’uso consapevole delle parole sono sempre stati presenti nei miei corsi, fra i quali “Dignitising – Comunicare fa rima anche con rispettare” per IED Milano e “Comunicare il sociale”, ideato con Terre di Mezzo editore.
Date queste premesse, appena ho visto sui social network i primi post del progetto Parole Ostili, che annunciavano un evento di due giorni a Trieste (17-18 Febbraio) e la co-creazione in rete del “Manifesto della comunicazione non ostile”, ho subito condiviso l’iniziativa e spedito una mia proposta.
Alla fine, a Trieste non sono potuta andare, ma ho seguito la diretta streaming e visto la presentazione del Manifesto: un decalogo nato in rete, votato dalla rete, a uso della comunicazione virtuale che, come quella reale, ha conseguenze nel bene e nel male.
Fra i 10 articoli c’è anche il mio, il quinto: “Le parole sono un ponte. Scelgo le parole per comprendere, farmi capire, avvicinarmi agli altri.”
Mi fa piacere che la rete abbia dimostrato interesse per un uso consapevole delle parole, visti sempre più frequenti episodi di violenza verbale che si scatenano sui social network, alcuni dalle conseguenze mortali.
Le responsabilità di questa deriva sono di tutti, a partire da coloro che dovrebbero dare l’esempio: diversi esponenti politici e giornalisti che spesso cavalcano stereotipi dannosi, etichette e un linguaggio offensivo per attirare click e attenzione.
Dobbiamo ricominciare dai fondamentali, dall’A,B,C dell’educazione ed essere consapevoli che oggi “virtuale è reale”, come recita l’articolo 1 del Manifesto, per me primo anche in ordine di importanza.